Padre Bertolini da Pontremoli e il convento di Sant’Antonio abate di Pisa nel settecento

Breve storia di un convento. I frati dei Servi di Maria ebbero una loro sede a Pisa forse già nel 1317. La lasciarono verso la fine del secolo e ritornarono in città nell’ottobre 1402, nella chiesa di Sant’Andrea in Chinzica. Si trasferirono a Sant’Ermete di Spazzavento verso il 1440 e nella definitiva sede di Sant’Antonio abate (presso la stazione) nel 1475. Qui portarono avanti una plurisecolare comunità, nella quale i maestri si occuparono dello studio conventuale e dell’insegnamento nella Facoltà Teologica dell’Università, i sacerdoti della sagrestia, delle confessioni e del culto all’Addolorata e i conversi dell’assistenza e custodia dell’edificio e dei poderi, in buon numero e redditizi.
Le pubbliche Facoltà Teologiche delle Università del Regno d’Italia – compresa quella pisana che dette lustro al convento – furono soppresse negli anni ‘70 dell’ottocento e mai più ripristinate. La loro scomparsa fu uno dei motivi di decadenza di Sant’Antonio che in seguito subì i colpi dei conflitti, soprattutto della II Guerra Mondiale, e nei decenni successivi il lento processo di secolarizzazione della Chiesa. Il 31 ottobre 2005 fu lasciato per sempre dai Servi di Maria.

Padre Francesco Saverio Bertolini. Uno dei secoli più significativi del convento pisano fu il settecento, quando vissero qui teologi di alto profilo e di famiglie con figure di spicco nel governo lorenese e nella politica illuminista toscana. Per fare un esempio, un noto Servo di Maria, il padre teologo all’Università e archeologo Raimondo Francesco Adami (1711-1792), fu il fratello di Anton Filippo († 1768) e di Alessandro († 1799) senatori dello stato e membri attivi dei circoli riformatori fiorentini.
Ugualmente padre Francesco Saverio Bertolini da Pontremoli, vissuto a Sant’Antonio almeno dal 1749, appartenne a una casata nobile e influente. Nato nel 1713 da Giulio Cesare e Anna Maria Canossa (che ebbero ben 15 figli), fu fratello di Stefano, laureato in legge all’Università di Pisa, cavaliere di Santo Stefano e fin dalla gioventù servitore dello stato come auditore della Camera, dell’Ordine di Santo Stefano e dello Studio Pisano, dello Stato di Siena, del Regio Diritto (gli affari ecclesiastici), della Consulta di Grazia e Giustizia e infine come senatore.
Stefano fu sepolto in un bel monumento alla SS. Annunziata di Firenze, casa madre e allora notevole santuario della città e dei Servi di Maria (v. il mio Stefano Bertolini da Pontremoli e il suo sepolcro nell’andito del chiostro Grande).
Anche padre Francesco Saverio fu maestro in teologia ma ebbe l’incarico di confessore e, secondo le carte, nessun’altra responsabilità di rilievo. Fu ‘secondo’ in questo senso a un suo concittadino pontremolese, padre Giuseppe Venturini, priore del convento di Pisa dal 1739 al 1754, esaminatore sinodale e granducale dal 1761 al 1780 e priore provinciale dell’Ordine dal 1758 al 1761.

Lo spoglio dopo la morte. Del padre Bertolini soprattutto appaiono nei registri i ricordi della morte (18 ottobre 1790) e dellospoglio degli oggetti personali con l’inventario e la distribuzione ai frati o la vendita.
Nella sua camera furono trovati 255 lire in contanti, 4 posate d’argento, un orologio d’argento, 15 camicie, 11 berretti di bambagia [contro il freddo] e varie vesti e biancheria tra i quali si citano per curiosità linguistica 6 “scuffiotti” [piccole cuffie], 10 paia di sottocalze e due “ferraioli” [ampi mantelli di stoffa leggera di vario colore, indossati dai nobili o, nero, dai sacerdoti].
Erano inoltre presenti un ombrellino di seta vecchio, 4 libbre di polvere da caccia, 20 libbre di cioccolata, 18 bottiglie di malaga, 2 cannocchiali e un fornello ...
Furono questi oggetti venduti a terze persone, mentre rimasero ad uso del convento due lucerne d’ottone, una tazza da brodo, 9 bicchieri, 16 “cicchere” [chicchere, tazze per la cioccolata o altro], un bricchetto, una bacinella e i breviari corali [libri liturgici].
Stivali, scarpe e cappelli invece furono regalati a Ranieri suo “servente” personale, forse per privilegio concesso dall’Ordine.
Particolarità che appare nello spoglio è anche la nota di un livello concesso a “Girolama cognata”, cioè a Girolama Ugurgieri vedova del senatore Stefano, per il quale il convento doveva riscuotere la quota annuale di L. 140 e “per pareggio di conti” L. 72.15. Dalle entrate quindi si defalcarono le spese fatte per la malattia e la morte. Erano intervenuti Iacopo Busoni medico del convento (L. 20), Stefano Tantini cerusico del convento (L. 26.13.4) e i cerusici “soprachiamati” Venanzio Nisi (L. 53.6.8) e Giuseppe Abati (L. 53.6.8).

Altre somme di denaro invece spettarono, tra gli altri, a Giuliano per assistere il padre Bertolini nella malattia (L. 13.6.8), a Ranieri Venturi per spese e lettere (L. 11.17.8) e per un’annata di “servitù di camera e mancia” (L. 42.13.4) [il servitore citato sopra] e, come altre mance, a Nunziata Venturi e figli (L. 13.6.8), a Matteo Santi per “diversi lavorucci” (L. 2), a Ranieri Biagini (L. 1) e a Antonio Antoni creditore (L. 95).
Furono quindi registrate le spese del convento per il funerale per l’accompagnatura al camposanto (L. 124.16), e altre di chiesa fatte dal padre Benedetto Rosignoli (L. 131.16) e da fra Andrea Ricci [il converso assistente del sagrestano] (L. 30.3.4) e per i padiglioni (L. 24.13.8), da Michele Biagiotti per doratura di 5 paliotti [arredi sacri a rivestimento per il funerale] (L. 152), dal padre priore Giovanni Angelo Santoni per i paliotti (L. 122.6.8) e a rimborso di pagamenti fatti al “Matteucci doratore” (L. 25.4).

In altra pagina è riportata anche la ribattitura di cinque materasse e due sacconcini della camera del padre Bertolini e subito sotto la nota sul suffragio e la sepoltura:
“E più L. 26 pagate al padre Francesco Santini sagrestano per messe trenta per l’anima del maestro Francesco Bertolini morto il 18 corrente a ore 7 e mezzo in età di anni 78 non compiti.
E più L. 25 e soldi 10 che L. 11 agli undici fratelli della compagnia che portorno il cadavere del fu maestro Bertolini al camposanto, L. 2 ai sagrestani della compagnia, L. 2 a quello che girò per avere la licenza [l’autorizzazione degli uffici pubblici], e avvisare il becchino, L. 4 al padre sagrestano che accompagnò il cadavere, L. 2 al converso, L. 3.3.4. al diacono, soddiacono e cherici, L. 1.6.8 a un prete che ci aiutò a cantare l’ufficio e la messa dico in tutto L. 25.10 [dal 1783 per legge granducale era proibito seppellire nelle chiese].

Un ultimo ricordo riguarda il lacero del funerale [espressione ecclesiastica per citare un’entrata liturgica] (L. 10) che – si apprende – fece fare la signora contessa Angelica Bertolini, una delle sue sorelle.

Paola Ircani Menichini, 12 ottobre 2023.
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